Non lasciamo passare la banalità del male

Un’incalcolabile somma di fatti nel retrovisore
Basterebbe guardare nel retrovisore della nostra vita quotidiana, tra gli scandali e i casi che hanno scosso – per un insufficiente attimo – l’opinione pubblica prima che la stessa si mettesse a guardare altrove, facendo anche finta di niente. Ricordiamo il caso dei ragazzi che avevano affisso delle minacce neonaziste a Lugano per impedire il concerto di Bello Figo Gu? Una minaccia di stampo nazista, fascista, squadrista ed evento annullato nel maggio dell’anno scorso. L’autore delle minacce e della sedicente organizzazione di estrema destra fu individuato, si costituì e poi non accadde nulla. Ci furono voci che definirono quanto accaduto una ragazzata, l’atto di un bullo o poco di più. Quelle che prima apparivano minacce reali furono archiviate nel nulla. La banalità con cui il caso fu messo sotto il tappeto della memoria, la superficialità con cui l’incarto finì nello sgabuzzino delle cianfrusaglie dell’opinione pubblica spaventano, devono obbligarci a riflettere e ad agire.
Non si trattò di un fatto isolato, ma di un caso che va sommato a mille altri casi che da tempo – uno dopo l’altro – portano a una somma che riflette una realtà allarmante in Ticino.
Un caso dopo l’altro, come se fosse banale: i tentacoli del nazifascimo erodono e avanzano
Negli ultimi giorni, infatti, sono emersi altri casi legati al nazifascimo che invece di essere valutati per quello che sono in verità, sono trattati allo stesso modo e rimessi nello stesso sgabuzzino come se tutto andasse bene, madama la marchesa. Emergono dalla stessa putrida melma razzista e nazifascista, i cui tentacoli erodono spazi di convivenza e civiltà a cui dobbiamo opporci senza mezzi termini, senza esitare, senza mai banalizzarne la natura.
Il poliziotto che aveva inneggiato al nazismo e al fascismo sulle reti sociali, per di più condannato per questo, verrà promosso sergente maggiore. Una notizia che secondo la stampa “ha lasciato l’amaro in bocca a molti colleghi”, ma che fa soprattutto accapponare la pelle. Atti che non solo paiono banalizzati dalle autorità, motivo di preoccupazione se pensiamo che il poliziotto armato deve badare al rispetto di una “legge uguale per tutti”, ma che alimentano il ragionevole dubbio che possano essere motivo di apprezzamento. Conosciamo il solito ritornello di chi banalizza la questione, cercando di metterla come al solito sotto il tappeto con i soliti e vacui luoghi comuni, per cui va rispedito al mittente. Né complottismo né buonismo né altre banalizzazioni: si tratta di guardare alla realtà, osservando quanto indicato da una cartina di tornasole che indica l’origine del fenomeno: un abbietto rigurgito nazifascista sempre più diffuso legittimato da autorità, eletti e esponenti politici di destra.
Anna Sartori, la municipale di Balerna a capo del Dicastero polizia, emette segni di approvazione a commenti sui social che evocano il nazismo, Hitler il genocidio degli ebrei . Esponenti ed eletti politici come Quadri e Gobbi – perché i nomi vanno pronunciati – diffondono e veicolano attraverso le loro reti sociali contenuti razzisti, xenofobi, menzogne che negano le morti nel Mediterraneo. Con i loro “retweet” o “like” diffondono una subdola approvazione a questo tipo di contenuti e commenti.
Vogliono rendersi presentabili, ma rimangono nazifascisti
In un filmato captato e diffuso nemmeno molto tempo fa, l’esponente razzista della Lega Mario Borghezio – condannato per violenze su un venditore ambulante e per l’incendio di un centro per rifugiati senza dimora – consigliava a dei neonazisti e fascisti di puntare sul regionalismo per evitare di essere etichettati per ciò che sono, così da entrare nelle amministrazioni locali, nelle municipalità. Un modo per coprire il viso con un cerone in apparenza accettabile, rimanendo “sotto sotto gli stessi”, disse. Una maniera per banalizzare il male di cui si fanno portatori, invadendo con i propri rancidi tentacoli pezzi sempre più importanti del potere. Questo il metodo, questa la strategia volontaria dell’estrema destra.
Solo qualche giorno fa la stampa internazionale ha ricordato Hannah Arendt – la filosofa, politologa e giornalista tedesca costretta a lasciare la Germania nazista nel 1933 perché di famiglia ebraica – la quale, nella sua vasta opera, aveva descritto e teorizzato la natura del totalitarismo e del nazismo, in particolare con le opere “Le origini del totalitarismo” (1951) e “La banalità del male” (1963). “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”, scrisse. Il totalitarismo, il nazismo e il fascismo, anche nelle attuali forme, guadagnano terreno, invadono la vita quotidiana attraverso tentacoli e formando gangli che possono apparire banali, travestiti con l’aria dell’accettabilità, mascherati da atti che potrebbero fare apparire le reazioni volte a denunciarli, arrestarli, fermarli come se fossero sproporzionate. Non lo sono, sproporzionate, anzi. Sono irrinunciabili, indispensabili, fondamentali.
Non lasciamo passare la banalità del male
Questi atti, nella loro apparente banalità, non vanno accettati né fatti passare perché veicolano e danno forma al male. Sono il male. Avremmo dovuto impararlo da tempo, eppure collettivamente tendiamo a dimenticarcelo. Vuoi per convenienza, vuoi per mille preoccupazioni vuoi perché la banalità del male richiede impegno affinché venga individuata, descritta, denunciata e fermata a tutti i costi anche perché, nella sua banalità, molto spesso non richiede di essere scovata ma riconosciuta poiché è già sotto i nostri occhi. Batterci contro il nazifascismo, contro le più abiette forme in cui il razzismo, la xenofobia e l’odio cercano di trasformarsi invadendo la vita è un nostro dovere: non lasciamo passare la banalità del male.